Un cammino nell’ontologia della scarpiera ideale. Il nostro esperto ha classificato i 29 modelli dello scibile calzaturiero attraverso quattro registri estetici, individuando 12 forme d’immaginazione virile. Con il loro abbinamento perfetto.
IL PRIMO PASSO SULLE ORME DELL’ELEGANZA
di Giancarlo Maresca
foto di Francesco Antonio De Caprariis
L’armonia di cose, azioni e persone non deriva da una formula matematica replicabile in laboratorio, bensì dallo spirito che le anima, che avendo natura qualitativa non è misurabile o riproducibile a comando. Dunque l’eleganza, sacro Graal dell’uomo classico, non può essere trovata restando ancorati ad aspetti quantitativi come le componenti materiali o tecniche di un capo. Per comprenderla o praticarla, condizioni che non sempre convivono, bisogna abituarsi a guardare in alto, perché il suo respiro è lo stesso del cosmo. Il bel vestire, come il buon mangiare e altre discipline dell’arte di vivere, non trova forse il principale fondamento nella stagionalità, governata dal sole? Il movimento degli astri fornisce l’origine o una spiegazione a tante altre cose. Le lunazioni in una rivoluzione terrestre sono 12 e di conseguenza altrettanti sono i mesi e i segni dello zodiaco. è per questo che siamo abituati a percepire il 12 come simbolo della completezza. Lo troviamo nel calendario, ma anche nel quadrante dell’orologio, che divide la giornata in due volte 12 e non direttamente in 24 parti. Non è certo un caso se già nelle prime riviste di abbigliamento si vedono selezioni ideali di capi o scarpe formate di 12 elementi. è giusto che sia così, così sarà sempre e anche qui faremo così.
Il prefetto cavalleresco Marco Eleuteri, collezionista di scarpe e figlio di una terra che ne produce per tutto il mondo, voleva che in concomitanza con l’adunanza marchigiana di quest’anno venisse affrontato il tema della scarpiera ideale. Continuando così, in 12 anni avremo realizzato e analizzato uno a uno tutti i modelli del palinsesto e avuto modo di investigarne il carattere. Avendo accettato di incaricarmene, ho dovuto innanzitutto mettere a punto un sistema di orientamento.
Poiché nella tradizione i sistemi fissi vengono mappati secondo quattro direttrici, quanti sono i punti cardinali e le stagioni, ho individuato altrettanti registri estetici cui le scarpe devono rispondere: cerimonia, formale, informale e sportivo. Sistemando i principali modelli dello scibile calzaturiero lungo ogni lato, mi restavano fuori le slipper, nate per la casa anche se oggi come in passato alcuni le usano all’esterno. Poiché per aspetto e costruzione confinano con quelle da cerimonia, le ho posizionate sullo stesso lato. A molti esemplari non riuscivo a dare una collocazione precisa. Alcuni perché utilizzabili in vari contesti, altri per il contenuto tecnico incisivo. Qualunque fosse il motivo, ciò che non era coerente con altri componenti di uno stesso lato l’ho disposto lungo le diagonali. A questo punto mi sono trovato di fronte un foglio che ricordava un bersaglio crivellato di colpi. Occorreva sottrarre tutto ciò che era sostituibile da altri modelli, e con questo criterio ho effettuato sottrazioni sempre più dolorose sino a giungere a un quadrilatero di sei scarpe per lato, più cinque per ogni diagonale. Hanno resistito in 29. è impossibile immaginare un tessuto, abito o contesto per il quale non sia stato previsto un abbinamento a prova di bomba. In questa scarpiera c’è quel che serve per andare a funghi o presiedere un consiglio dei ministri, uscire con la ragazza o affrontare una giornata in ufficio, ma anche così è doverosa cautela sul valore del risultato. Si tratta comunque di una scelta ideale, il che da un lato significa che ogni pezzo risulta utile, dall’altro comporta un distacco dalla realtà. A parte il fatto che le esigenze cambiano, e quindi una scarpiera ideale degli anni 30 non sarebbe proponibile oggi come questa non lo sarà domani, resta il non trascurabile particolare che gli uomini sono inesorabilmente diversi. Molti non avranno alcun bisogno delle derby da montagna o dello stivaletto da moto che coniuga protezione e impatto estetico in modo da poterlo indossare anche sotto capi classici. Altri magari non amano le scarpe bianche e le bicolori, non possiedono un frac né un tight, o detestano i modelli molto leggeri o pesanti.
Pensiamo ora alle chiavi d’angolo. La belgian shoe risulta il collegamento tra il mondo sportivo e quello della casa, posizione che sembra aiutarci nell’individuare la natura di questo modello tra il disinvolto e il disinibito. La desert boot partecipa dello sportivo e dell’informale, il che significa che potrà andare sia con un abito sia senza la giacca. La francesina full brogue collega formale e informale, ovvero completi e spezzati, pettinati e cardati. Quella liscia a punta tagliata ha un piede nel formale e uno nella cerimonia, quindi reggerà sia un abito business sia un tight. Lungo le diagonali sfilano gli articoli cui è più facile rinunciare, tranne il mocassino italiano, che ritroviamo anche tra i 12 elementi che formano la scarpiera essenziale. In quanto ancora ideale, quindi suscettibile di esclusioni secondo gusti e abitudini, l’ulteriore selezione non pretende di sostituirsi al discernimento di nessuno. Vuole solo essere un suggerimento dei primi modelli che un Monsieur dovrebbe prendere in considerazione. Le principali forme della passione e dell’immaginazione virile vi sono rappresentate e ogni elemento è associato a una tipologia di tessuto. Essendo un’antologia e non un romanzo, per quanto lavoro abbia richiesto la scarpiera illustrata ha natura provvisoria: può essere sempre migliorata e le esigenze espressive cambiano coi tempi. In ogni caso è un punto di partenza per una riflessione personale sul significato delle singole scarpe. Perché un oggetto sia valido è necessario che raggiunga il suo scopo.
Sono partito dalla norvegese, che in Italia ha avuto uno sviluppo tecnico e stilistico particolarmente importante, toccando in senso orario gli altri modelli fino a giungere all’ultimo, di cui avevo fatto realizzare un superbo esemplare da Doriano Marcucci. Una visita al suo atelier, nel centro antico di Montegranaro, è un viaggio lungo il sentiero di mattoni gialli del regno di Oz. La derby full brogue che ha presentato era ricca di rigore e di fantasia. Per questo modello esistono tre principali soluzioni. La prima è simile alla francesina, ma i gambetti finiscono sopra e non sotto la tomaia, rendendo l’impianto meno formale. La seconda ha anch’essa il puntale a coda di rondine, ma la tomaia è guarnita in alto da una decorazione a broguering che corre in modo rettilineo dalla radice del gambetto sino al calcagno. Nella terza è il puntale che, invece di chiudersi girando verso il basso, continua a correre dritto verso il calcagno. Ritengo questa soluzione la più complessa, ma Marcucci ha saputo evitare gli eccessi di rusticità che ne possono limitare la versatilità. Lavorando su una forma allungata dalla linea leggermente angolata e squadrata, ha subito acquisito un patrimonio di leggerezza che ha saputo gestire negli altri dettagli. Il broguering, invece di essere guarnito da due duplici impunture come più spesso si vede in questi casi, ne presentava due sotto e una sola sopra. La derby long wings è ideale col tweed, col velluto e in generale sotto tutti i cardati. Questa in particolare, grazie alla fluidità della linea, sembra adatta anche a tessuti informali da mezza stagione come il Solaro. Nulla mi avrebbe fatto più piacere che potermi rivolgere direttamente agli appassionati di scarpe che seguono questa eroica rivista. Non è detto che in futuro non si organizzi qualcosa del genere, vero Direttore?
Da Monsieur 140 (novembre 2014)