Nel Trattato della vita elegante, lo scrittore francese Honoré de Balzac scriveva che un uomo diventa ricco, nasce elegante. Nella sua lunga vita Gianni Agnelli ha avuto la fortuna di avere entrambe le cose: ricchezza ed eleganza. Oltre ad essere stato l’erede di una delle famiglie più ricche, potenti e prestigiose d’Italia, fu anche il simbolo di un’eleganza colta, unica, naturale e spontanea; così com’è poi la vera eleganza, fatta di gesti, comportamenti ancor prima che di abiti. Anzi.
Piumino sopra il blazer, cravatte larghe sventolate sopra pullover infilati nei pantaloni, scarponcini casual sotto l’abito formale, il blazer blu sopra un paio di jeans scoloriti, l’Avvocato le regole del vestire le ha sovvertite tutte, quasi infischiandose. Chi lo ha conosciuto da vicino racconta che odiasse l’eleganza troppo leccata, curata. Non seguiva le mode ma creò uno stile, ammirato e apprezzato nel mondo, uno stile che non portava nessuna etichetta se non quella del suo nome, Gianni Agnelli. Coronato dalla bibbia della moda Vogue come uno degli uomini più eleganti del mondo, il “Re d’Italia”, come una volta lo definì il grande regista Federico Fellini (“Mettigli un elmo in testa, mettilo a cavallo. Ha la faccia del re”) amava la praticità e il comfort nel vestire, che trovava nei negozi di Londra, New York ma anche in Italia, per esempio da Caraceni. Irremovibile su alcuni particolari dei suoi abiti, sapeva benissimo quello che voleva o non voleva indossare. Il tutto con un approccio netto e sincero, non costruito o imposto. Se non secondo alcune regole che lui stesso si dava: mai calzini corti, ad esempio, niente occhiali da vista in pubblico, capelli leggermenti più lunghi della norma, mai scarpe a punta.
Icona di un’eleganza autentica che sposava il gusto con la disinvoltura, emulato per mezzo secolo da chiunque volesse darsi un tono nella vita, Gianni Agnelli è forse uno degli uomini che al meglio rappresenta quel concetto espresso agli inizi del ‘500 da Baldassarre Castiglione ne Il cortigiano e poi tornato in gran voga qualche anno fa, e che va sotto il nome di sprezzatura. Di cosa si tratta? Di quella sottile arte di apparire il più possibile naturali e spontanei. Un’inclinazione disinvolta, senza sforzi, garbata che conduce con nonchalance alla grazia. Ecco Gianni Agnelli era tutto questo, ovvero “per dir forse una nuova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte e dimostri ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi. Da questo credo io che derivi assai la grazia”.