Non è un refuso quella “o” al posto della “u”, ma una piccolissima provocazione.
Troppe volte si parla di una cultura della bellezza, del bello e dello stile, nonché dell’eleganza.
Si sentono voci di ogni genere parlare di abbinamenti, sartorialità, tessuti e su misura, con grande dovizia di particolari; voci che hanno una grandissima cultura in merito, che hanno studiato fino al dogmatismo testi classici, contemporanei e futuribili sullo stile maschile.
Ma se ascoltate bene quelle voci qualcosa è dissonante. Qualcosa non funziona come dovrebbe.
Perché?! Perché il bello va coltivato, con il tempo favorevole e le innumerevoli tempeste, tra il caldo e il freddo, la prosperità e l’aridità, insomma va vissuto realmente e per farlo bisogna essere agricoltori del gusto, attenti annusatori dell’aria del piacere e dell’aspetto epicureo che ci occorre per compenetrare l’eleganza.
Vivere questa forma di crescita del bello, significa arrivare al raccolto con consapevolezza, seppur minima visto che anche questa Natura sa essere inarrivabile, con un bagaglio composto da fatica, errori e vittorie. Il gusto va seminato nel terreno fertile della propria anima e del proprio intelletto, in terreni quanto più differenti e al tempo stesso fertili per il nostro Giardino personale. Per quell’Orto magico che ci compone e, a volte, ci rende Uomini.
E allora l’invito è ascoltare buona musica, cercare in essa la vibrazione divina senza dover vivere di sciocchi pregiudizi, nutrendo le sementa con jazz, classica, rock, pop, alternative, lirica e tutto quello che tocca la cassa armonica delle nostre anime.
L’invito è leggere lontano dagli stereotipi, con lo sguardo di chi si mette in mare per non percorrere rotte già tracciate o semplici, capitani solitari che ripagheranno il galeone dei suoi sforzi verso quegli orizzonti narrativi lontani, che spesso sono del tutto arbitrari o incoscienti. Non fidatevi delle mappe, sappiate agire d’istinto e con oggettività.
L’invito è osservare, film, quadri, statue, arte, architettura, fin dentro la struttura esistenziale che compone ogni opera, ponendosi domande, cercando non risposte ma altri quesiti che possano arricchire i nostri pensieri.
L’invito è mangiare, bere, fumare, con moderazione e attenzione, lasciando che non sia soltanto il gusto a raccontare o l’olfatto a inebriarci ma che tutto di noi sia compenetrato nell’atto stesso della comprensione degustativa.
Questa è una parte della coltura del Bello. Non ci possiamo soltanto abbigliare del Bello, dobbiamo in minima parte farne parte e per farlo dobbiamo sentirlo e quindi vederlo crescere in noi.
Siate agricoltori del vostro gusto. Se non sapete quanta fatica fa una pianta ad uscire dal terreno non potrete mai saggiare la vera essenza della belleza che cresce in voi e potreste semplicemente soffocarla di abiti, griffe, cravatte, uccidendone la vita che potrebbe avere.