Giacomo Casanova non era un Dongiovanni. Era un libertino, questo sì. Termine che, nel ’700, indicava sia amore per il libero pensiero sia passione per le donne spensierate. Casanova fu violinista, filosofo, matematico, alchimista, agente segreto, giocatore e spadaccino professionista, viaggiatore, finanziere e scrittore. L’alta cultura, l’abilità del conversare, il coraggio di battersi a volto aperto e l’innata eleganza che consente di non essere mai fuori luogo, padrone di sé in una bettola di Costantinopoli come alla corte del re di Francia sono state le sue doti naturali. La storia e le gesta dell’ineffabile seduttore svelano una figura lontana dallo stereotipo dello sciupafemmine da strapazzo. Il colto veneziano diventato cittadino del mondo è il simbolo di un atteggiamento libertino nei confronti dell’esistenza: senza pregiudizi, senza parrocchie cui rendere conto. Dalla sua vita si sprigiona una lezione di leggerezza oggi più che mai necessaria, che sento, che colgo palpabile nell’aria di questa seduta e schiacciata società. Un esempio immortale di come essere maschi, nel presente. È un personaggio che ritrovo ovunque ci sia un uomo, o una donna, capace di seguirne l’esempio. Personaggio che ho sentito, e che sento sempre più vicino. La sintesi di questo atteggiamento sta in una sua frase, espressione di un uomo elegante e virtuoso: «Mi ci è voluto del coraggio per essere felice».
Coraggio, libertà, voglia di essere felice e di dare felicità sono gli elementi che da sempre mi fanno vivere di giornali e per i giornali. Mi ci è voluto del coraggio, e tanto, per decidere nel 2001 di rinunciare a tutto ciò che avevo costruito, rimettendomi in gioco. Non è facile credere in se stessi sino al punto di scommettere su di sé, vendendo quel poco che avevi conquistato e acquistato, dopo 30 anni di lavoro. È come quando nei film inquadrano un giocatore che punta tutto ciò che ha, scegliendo un numero sul verde tavolo della roulette. Mi giocavo davvero tutto, una posizione di rilievo, una casa, una famiglia, i risparmi. Il numero su cui scommettevo tutto in quel settembre del 2001 era il credo nel mio lavoro e nella mia professione. Puntavo tutto ciò che avevo, su di me! Lucido nel sapere chi sono, cosa so fare, quanto valgo e cosa voglio. Conscio dei rischi cui andavo incontro. Ma fiducioso nel credere in me, nel valore della libertà, e lanciarmi nell’impresa di progettare e creare un giornale tutto mio. Perché avevo capito che per fare un giornale come volevo dovevo essere padrone di me stesso. Così nacque Monsieur. Posso dirlo con consapevolezza: il piacere della libertà è unico. Credetemi, ci vuole ancora più coraggio oggi, ancora più fiducia nella libertà (parola sprecata e obsoleta ormai), per decidere di cambiare, di rimettersi ancora una volta in gioco. Sento la necessità di una scelta di campo precisa e decisa, spinta dai lettori, che si ribellano e non accettano il gioco al ribasso di una società che vuole imporci una vita per tutti uguale, omologata verso il basso, il cattivo gusto, il non rispetto delle regole, dei valori. No grazie, non ci penso nemmeno! Monsieur è stata, per anni, la rivista per l’uomo extravagante. Quello che state leggendo è l’ultimo numero di questo pezzo di cammino.
Oggi lo stesso uomo cambia registro. Ha acquisito coscienza, cultura, pertinenza, sensibilità verso se stesso e verso gli altri. Ha capito le sfumature che sono contenute in vocaboli come eleganza, virtuosità, stile, fatto in Italia, valori, distinzione, gusto, qualità, lusso, mercato. È l’uomo che, come me, ha capito l’enorme differenza che sta nel progettare e fare un giornale stracolmo di tante informazioni ma privo di cultura. Lo provo tutti i mesi leggendo giornali esteticamente belli, talvolta, zeppi di mille informazioni, che però alla fine, tra le dita delle mani non ti lasciano che… sabbia. Mancano di etica, di cultura, vivono solo di estetica. Dopo aver viaggiato e appreso, il nostro Monsieur dal prossimo mese diventa Arbiter. Riprendendo la storia e i valori di una rivista nata in Italia nel 1934 e che per 80 anni è stata il punto di riferimento per la cultura dell’uomo. Una storia che ho reso contemporanea, e che racchiuderà in sé il meglio di tutto ciò che Monsieur ha costruito in questi 15 anni con un valore aggiunto: l’italianità. Conterrà tutto l’orgoglio italico, fuso con il mio modo di intraprendere, trascinato dalla voglia di fare, di saper fare e di far sapere. Vedete, dalla mia finestra, se mi sporgo verso destra a non più di 300 metri c’è il Parco del Sempione, ridisegnato per l’Esposizione Universale del 1906; se poi esco e giro a sinistra, dopo quattro chilometri inciampo negli ultimi cantieri dell’Expo 2015. Mi dite come non posso essere galvanizzato, spinto dall’idea di innovare, ricercare, andare oltre? Impossibile, è più forte di me! Niente paura, manterrò lo stesso formato, la carta sarà la stessa, ma più bianca e più pesante, il prezzo, beh, resta lo stesso. Cambierà solo la concessionaria della pubblicità, che sarà affidata alla A. Manzoni & C.
Il giornale darà spazio e attenzione ai giovani, dal liceo all’università in poi. Facendo attenzione all’evoluzione e allo sviluppo dell’individuo, dove «la storia» e la trasmissione della cultura sono rappresentate prima di ogni cosa dalle relazioni con i genitori. Infatti, è attraverso l’esperienza del triangolo edipico che il ragazzo si fa uomo imparando l’etica del rispetto della legge del Padre e perfeziona il suo gusto estetico riconoscendo la Madre come oggetto del suo amore. È in questa fase che impara a dare un valore al piacere che trascende dall’immediato e dall’effimero. Perché la cultura, l’arte, la tradizione, la storia rappresentano la stratificazione dell’esperienza umana; grazie a esse il percepito e il vissuto emozionale si fa più geometrico e assume un valore unico, radicato, profondo, ragionato. Una vera e propria quadratura del cerchio. Per definire il perimetro e l’area dell’uomo Arbiter ho scelto tre aggettivi: elegante, sensibile e virtuoso. È l’uomo che sa condividere e coniugare i valori del passato nella contemporaneità. Non ci credete? Vedrete dal prossimo numero.
Di Franz Botré
Da Monsieur n. 144 (marzo 2015)