Franz Botré – Il Valore della Responsabilità

"Monsieur", la rivista dell'uomo extravagante-- copertina n.135 Giugno 2014

Conosco bene, e so, che cosa significa la responsabilità. Rifletto continuamente sulla doppia valenza del verbo latino «respondere», da cui il nostro sostantivo deriva, e che si può tradurre come «rispondere», ma anche come «pagare». Essere pronti a pagare, in risposta alle nostre azioni. Un valore ormai quasi scomparso, che impegna a giustificare a qualcuno, o a se stessi, i nostri comportamenti e le conseguenze che ne derivano, tenendo presente una regola fondamentale di vita: a una azione corrisponde sempre una reazione. Da più di cinquant’anni condivido con la responsabilità la mia vita di tutti i giorni. È sempre sulle mie spalle pesante come un macigno e leggera come una piuma nel mio cuore. Ho un senso del dovere spiccato, una concezione naturale, militare e imperativa della responsabilità, che da sempre mi ha imposto di non poter affrontare la mia esistenza in altro modo. Una regola di vita che applico a tutto ciò che ho fatto e faccio. Che fossi alle dipendenze di altri come operaio o giornalista, piuttosto che nella quotidianità come padre o cittadino e, ora, come imprenditore. Nulla è cambiato, anzi. L’ho sempre fatto per altri, con estrema convinzione e professionalità, e pensate che oggigiorno non lo faccia per me? Per le persone che hanno creduto e investito in me? Anno dopo anno s’è creato, formato e radicato nella mia testa e nel mio cuore un forte senso morale ed etico della responsabilità, attraverso il quale valuto con accuratezza e razionalità tutto ciò che faccio e decido. Tenendo sempre ben presente lo scopo (!) e le conseguenze. Soprattutto negli ultimi decenni, quelli che, come ha ben messo in musica Antonello Venditti, ci vedono lottare «in questo mondo di ladri». Parole sante. Una nazione nella quale è ammesso tutto e il contrario di tutto, dove si stringono in mille modi tante mani, sì, ma sono mani unte, sporche, false. Dove le regole dei contratti sono cambiate e interpretate vigliaccamente, con premeditazione, da veri banditi per fottere il prossimo. Dove la giustizia (!), che dovrebbe tutelare, salvaguardare chi si muove secondo responsabilità, non decide nulla. Anzi, lascia decidere ai tecnici, ai commercialisti, a soggetti spesso di scarsa moralità.

Di figli di brava donna, con un pelo sullo stomaco da qui a Pechino, ne ho incontrati; il rischio è alto quando fai l’imprenditore, fai cose belle, e qualche fatturato interessante: è quasi inevitabile che qualche zecca ti si attacchi addosso, cercando di succhiarti mestiere e fatturato. Un tempo, il mio tempo, quando esistevano gli «Uomini», gli tiravi un bel guanto in faccia, si sceglieva l’arma, «et voila, touché», insegnavi a chi di dovere come stare al mondo. Oggi invece basta trovarti di fronte un bravo avvocato «et voilà», tu sei fottuto. Sta di fatto, come scriveva nel 1792 Giacomo Casanova, che «se mi batto con lo sterco, è certo che, vincitore o vinto, finirò sempre imbrattato». Quando è accaduto mi sono assunto, come sempre, le mie responsabilità. Dure, difficili da accettare, ma scegliere scorciatoie sarebbe per me codardia allo stato puro. In pratica, diventare come loro. Mai! Significherebbe andare contro le mie ferree leggi di uomo di destra, quella vera. Quella dei Minghetti, dei La Marmora, dei Quintino Sella, di quell’epocale periodo storico dell’ultimo quarto dell’800, che sento sempre più mio. Fatto di uomini che in dieci anni portarono in pareggio il gravoso bilancio pubblico dell’epoca, gli 800 milioni di debito della giovanissima Italia, una cifra in confronto alla quale il nostro debito pubblico attuale è argent de poche. E dove sono gli uomini di Stato oggi? Chi sa prendersi questa responsabilità? Basta leggere i quotidiani delle ultime settimane per darsi una triste risposta. Tutti continuano spudoratamente a sfidare il sistema, ormai logoro, debole, senza colonna vertebrale. Continuano imperterriti a truffare, illudere, e rubare. Tanto, cosa rischiano? Chi li fa più i conti con la responsabilità? Qualche giro di chiglia non guasterebbe di sicuro. Anzi. Se insistono, beh, rimane la giustizia dell’albero di maestra.

Per questo bisogna tornare a parlare di Uomini veri. Come Salvo D’Acquisto. Certo, era un Carabiniere; può sembrare ovvio che si sia sacrificato. E poi, eravamo in guerra. Peccato che anche in tempi di guerra molti colpivano e subito giravano le spalle alla responsabilità (vogliamo parlare dell’attentato di via Rasella? Tutti sappiamo com’è andata, ma è più semplice accusare altri. E la vigliaccheria ha le sue conseguenze…). O come il commissario di Polizia e agente del Sismi Nicola Calipari, morto in missione in Iraq, facendo il suo dovere con responsabilità. Certo, era il suo mestiere, è il mestiere degli uomini in divisa, dentro. Ma è vero che anche la Patria deve fare il suo mestiere, assumendosi le proprie responsabilità: ha il sacrosanto dovere di tutelare, difendere e proteggere i suoi Uomini. Come, vergognosamente, le istituzioni militari e politiche non stanno facendo nei confronti dei nostri due Marò del San Marco. Ma la responsabilità non è una prerogativa riservata solo agli Uomini in divisa, anzi. La vita di tutti i giorni è diventata un vero campo di battaglia, ognuno di noi ha nel suo piccolo o nel suo grande l’opportunità di «respondere», di essere onesto con se stesso e farsi rispettare attraverso scelte di responsabilità, che possono favorire la giustizia e il bene comune. Ecco perché ho voluto dedicare la copertina di Monsieur all’avvocato Giorgio Ambrosoli, un modello da prendere a riferimento. Ambrosoli, medaglia d’oro al valor civile, assassinato l’11 luglio del 1979 da un sicario ingaggiato dal banchiere siciliano Michele Sindona, sulla cui attività stava indagando come commissario liquidatore della Banca privata italiana, fu uno splendido esempio di altissimo senso del dovere e di integrità morale. Questa copertina la voglio dedicare a tutti gli Uomini di buona volontà che oggi, in Italia, hanno il coraggio di assumersi ogni giorno piccole e grandi responsabilità.

Editoriale di Franz Botré da “Monsieur” n. 135 (giugno 2014)