Franz Botré – Il Fascino Della Bellezza

"Monsieur", la rivista dell'uomo extravagante - copertina n.132 Marzo 2014

Dalla bellezza sono sempre stato attratto, sin da piccolo sono stato abituato a vedere, ammirare e osservare cose belle, cercando di cogliere, capire, sempre, le sfumature e i dettagli più interessanti, facendoli poco alla volta divenire valori su cui costruire il mio senso del bello. Da un giardino fiorito, che dipingeva di mille colori lo spazio attorno a casa, all’intensità dei profumi che i fiori emanavano, al mettermi dinnanzi a uno splendido tramonto, dando da mangiare ai cigni e vedendo in controluce come mutava il colore delle loro piume: poco alla volta le ombre accentuavano i contrasti cromatici sino a offuscarli nelle tonalità dei grigi, sempre più intensi, e violacei, sino ad annullare i colori, tutti come ombre cinesi, facendoli divenire bui, lasciando solo un colpo di luce alto a illuminare la casa alle mie spalle. Così per musei, l’aria, piazze, strade, persone, orizzonti, animali e spazi.

Quante volte sono stato e rimango ancora fermo, immobile, affascinato a vedere la vita attorno a me, toccandola con mano. Sentire i suoi rumori, i suoi profumi, i suoi sapori. Dopo tanti anni lo trovo ancora un buon antidoto contro le infinite brutture che mi circondano. Non è una certezza, ma sono sicuro che la ricerca della bellezza dia un senso ben preciso alla vita. Parametri spesso semplici e rudimentali che anno dopo anno, decennio dopo decennio, hanno contribuito a formare e forgiare il senso del gusto e dell’armonia. Adoro percepire il valore della bellezza che mi viene offerta quotidianamente dalla vita. Cose «belle» come un bel paesaggio o un bell’abito, un buon vino o un buon cibo, una bella donna o un bel giornale. Il saper tracciare un solco netto e distinto tra le cose belle e costose ma di valore, come un orologio o un’automobile, e quelle che non costano nulla, come un fiore in un bel campo o dare semplicemente un bacio al proprio cane. Fa la differenza nella vita, oggi più che mai. Del resto, «La bellezza non è che una promessa di felicità». O come predisse Frithjof Schuon, filosofo svizzero di genitori tedeschi, che in uno dei suoi passaggi scriveva: «L’abolizione della bellezza è la fine dell’intelligibilità del mondo». Maledettamente vero. Se penso, per esempio, a Santa Maria delle Grazie a Milano, all’architetto Guiniforte Solari, al suo refettorio con l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Se penso alla Sagrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze, e alla statua di Lorenzo de’ Medici che sovrasta la sua tomba eseguita da Michelangelo Buonarroti. O quella fantastica opera del Cristo Velato scolpita da Giuseppe Sanmartino, conservata nella Cappella Sansevero di Napoli. Bellezze uniche, opere irripetibili, da più di cinquant’anni, quando posso vado a vederle. Ci giro attorno, osservo, guardo ammirato come fosse un compito di assonometria cavaliera e ogni volta scopro cose nuove, dettagli, particolari che per decenni mi sono sfuggiti. Non posso che restare ammaliato da così tanta bellezza. Non riesco nemmeno a difendermi da Quella bellezza. Alcune volte mi sento persino a disagio, disarmato, suggestionato, affascinato e quasi commosso, ma con tanta rabbia dentro per non essere minimamente in grado di produrre così tanta emozione e bellezza con le «mie opere».

Chiudo gli occhi e penso: «Che cos’è oggi via Montenapoleone a Milano? Il Palazzo di Giustizia a Firenze? Scampia a Napoli? È da pelle di cashmere! Dove sono finiti i Solari, i da Vinci, i Michelangelo, i Sanmartino?». Incredibile da quanta bruttezza siamo circondati. Proprio noi italiani che fummo la Patria indiscussa di ogni bellezza. Già, vero, oggi siamo diventati il Bel Paese, la parola Patria non ci appartiene più né sappiamo più nemmeno scriverla da almeno 70 anni. Perché oggi viviamo di televisione, calcio, gossip, politica e bilanci, lavorando unicamente per acquistare dei beni materiali, stupidi, fini a se stessi, concepiti e creati dal marketing per infinocchiare ricchi e minchioni. Oggi sono rimasti in circolazione solo i secondi: i ricchi si sono fatti furbi e non si fanno più infinocchiare. Ma com’è possibile vivere senza poesia, senza colori, senza amore?

A fine giornata, spesso, prima di andare a letto, stufo, seccato da giornate difficili, cupe tra persone tristi, superficiali e negative, prendo dalla libreria il grande volume Cantico delle Creature di San Francesco, illustrato magistralmente dalle immagini di Fulvio Roiter con il commento del professor Franco Cardini, edito nel 1990 dalla Vianello libri. Mi accendo un buon Partagás 3 e inizio a sfogliare pagina dopo pagina il bellissimo libro. Piano piano mi si riattivano tutti sensi, ma solo quelli positivi della bellezza, appagati da quel momento. Inevitabile che mi vengano in mente cose belle e piacevoli della vita, quelle brutte invece sono completamente annientate. Un percorso dolcissimo, ma non stucchevole. Il cuore e la testa sono pervasi da quelle immagini e dai contenuti espressi dalle parole, fondendosi con l’aroma del sigaro. Un lampo di luce squarcia la fumosa nuvola riconducendomi all’Evangelii Gaudium di un altro grande comunicatore di contenuti per esempi e immagini: Papa Francesco. Uomo d’altri tempi, da lui parole e contenuti come schiaffi, che restituiscono dignità alla Chiesa e che farebbero la felicità del mondo e del «Grande Capo», Dio. Ora, posso anche coricarmi e addormentarmi. Grazie, bellezza! Buona notte amore.

Editoriale di Franz Botré da “Monsieur” n. 132 (marzo 2014)