Franz Botré – Non siamo Uguali

Nella vita, sin da piccolo, ho sempre rifiutato il concetto di eguaglianza. Non mi piace per nulla. Accetto a testa alta di essere inferiore, ma non uguale. La mia mano, le mie impronte digitali, il mio dna sono diversi da tutti gli altri. Perché quindi dovrei essere eguale ad altri? Mia madre mi ha insegnato che le cose fatte bene o male richiedono lo stesso tempo, quindi meglio farle bene da subito. Che dall’asilo all’università, nel lavoro o verso le istituzioni ci vuole rispetto, sempre. Che prima dei diritti esistono i doveri. Che se non sei contento della vita, della posizione sociale a cui appartieni, o di quella professionale beh, devi darti da fare. Rimboccarti le maniche e lavorare. Senza farsi coinvolgere in discussioni di alta politica o strategia, semplicemente: lavorando e studiando! Tanto. Partendo da lontano, dai lavori più umili. Mettendosi in gioco ogni giorno, con tenacia, determinazione, credo. Avendo dinanzi a sé, sempre, l’obiettivo da raggiungere anno dopo anno. Con spirito di sacrificio, nel bene e nel male. Sapendo rinunciare a qualcosa, anche ai denari, magari per due-tre anni, ma cogliendo l’occasione offerta per poter raggiungere l’obiettivo. Credendo e investendo tutto su te stesso, conscio delle proprie capacità. Rispettando le regole della legge e i principi insegnati in famiglia. Ho iniziato a lavorare a 14 anni come apprendista tipografo, poi stampatore, fotolitografo, studi serali (!), ho servito con dedizione la Patria, impaginatore, grafico, giornalista, vicedirettore, direttore e oggi imprenditore di me stesso. Il tutto in 32 anni di lavoro, con lo stesso amore e devozione per la mia professione, cercando sempre di andare oltre, di superare le aspettative di chi mi giudicava, per evolvermi, per arrivare alla meta: progettare e fare prodotti editoriali miei.

Senza più discutere, far previsioni politiche, strategiche, di massimi sistemi con manager, amministratori, direttori ed editori che hanno davanti agli occhi solo i fatturati, ma hanno completamente perso il senso dell’utilità dei prodotti e del fattore QE (Qualità ed Emozione) che nasce attraverso i valori dettati dall’etica, che determina l’estetica di un prodotto. Etica che deve essere le fondamenta su cui reggere un’azienda, in tutto, rispettando gli impegni verso collaboratori, fornitori e banche. Sarà a sua volta determinante per la gestione del personale, dei rapporti professionali, per costruire prodotti esteticamente piacevoli. Principio e fulcro che ho imparato a mie spese col passare degli anni: nella vita è l’etica a determinare l’estetica, in tutto! Con schiettezza, severità di giudizio, con un metro omogeneo costante, spesso lapidario, con me stesso soprattutto, così come con i collaboratori, senza mai fare sconti a nessuno. Posso affermare che una delle parole chiave della riuscita sta nel sostantivo femminile di nuova generazione: meritocrazia. Per tutta la vita ho seguito e seguo il principio del merito, in tutto ciò che faccio. E quel che faccio lo devo al merito. Cercando di migliorarmi sempre, ogni qual volta la vita offre l’occasione. È così nata una sana competizione meritocratica con me stesso, per migliorarmi sotto ogni punto di vista. Un principio di integrità regna costante dentro di me.

Tutto questo in una società allo sbando, dove regnano sovrane la maleducazione civica, la mancanza di regole e il farle rispettare, a scuola come all’università, nel mondo delle imprese come in quello politico. Un Paese dove l’abuso della democrazia è diventato anarchia, uccidendo la meritocrazia. Aveva ragione Indro Montanelli quando diceva: «Il bordello è l’unica istituzione italiana dove la competenza è premiata e il merito riconosciuto». È noto che agli italiani la cultura della meritocrazia non piace. Un Paese gestito da un regime totalitario, dal 1945 in poi da una cultura «catto-marxista». Non a caso per trovare una statua di Lucio Quinzio Cincinnato (nell’immagine di copertina il console romano, uomo di semplici abitudini, proclamato dittatore di Roma per liberarla dagli Equi) bisogna andare a Cincinnati, Ohio, metropoli americana che porta il suo nome e dove lo scultore Eleftherios Karkadoulias ha esaltato nel 1982 la sua figura. L’America, una terra dove regna ed è nato il principio di meritocrazia, concepito nel 1933 da James Bryant Conant, presidente di Harvard. Un’altra statua è nei giardini des Tuileries a Parigi, fu scolpita nei primi dell’800 da Denis Foyatier, nella Francia napoleonica. Napoleone, per costruire il consolato e creare la repubblica sotto la residenza dell’imperatore, in sostanza una monarchia costituzionale, sceglieva i più stretti collaboratori per fare un gruppo di lavoro efficiente ed efficace, selezionando tra ufficiali, soldati, rivoluzionari delle assemblee del popolo, tra gli aristocratici, valutati per le loro capacità nel mondo della scienza, nell’arte e nelle virtù militari, per la carriera aperta ai talenti. Amava dire: «Ogni soldato francese porta nella sua giberna il bastone di maresciallo di Francia». Certo. Confermo, è verissimo. Basta crederci e volerlo! Cambiare è possibile. Credetemi. Basterebbe un partito gestito da persone serie, oneste, che abbiano come perno del loro programma principi come verità, collaborazione, responsabilità, utilità, qualità, benessere e meritocrazia, per andare oltre la democrazia. Nel 1931 Albert Einstein diceva: «Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura…». È vero, l’ho provato sulla mia pelle.

Editoriale di Franz Botré da “Monsieur” n. 130 (gennaio 2014)