Un anno importante, impegnativo, ambizioso questo appena iniziato. Un 2015 esaltante non solo per Milano, che ospiterà da maggio il grande evento dell’Esposizione Universale. Ma esaltante per me, per noi, per voi che leggete e per l’Italia intera. Esattamente come esaltante è stato pensare e costruire la copertina di gennaio che avete tra le mani. Come dicono a Firenze: «Tanta roba!». Partiamo da qui, da Firenze e dal Sommo Poeta, Durante di Alighiero degli Alighieri, detto Dante. Difficile parlar di lui in uno spazio ristretto come questo: artista sublime, immenso, da rendere banale ogni tentativo di ricordarlo, anche ora, a sei mesi dell’anniversario della nascita, avvenuta esattamente 750 anni fa, nel 1265, in data incerta che lui stesso colloca, in un passaggio della sua Commedia, nel segno zodiacale dei Gemelli. Un personaggio che resta, nonostante le migliaia di chilometri di inchiostro versati su di lui da esimi studiosi per secoli e secoli, una figura enigmatica, sempre aperta a nuove e sorprendenti interpretazioni. Perché era uomo di grandi interessi, non solo eccelso letterato ma anche fine studioso delle scienze tutte, dalla teologia alla matematica fino all’astronomia e alla sua interpretazione filosofica, ovvero l’astrologia. Descrisse e raccontò nella forma poetica della terzina tutti gli aspetti non solo della psicologia umana ma in generale della filosofia naturale, la scienza di quel tempo, che da vero umanista pose in vetta alla letteratura d’ogni tempo. E lo fece scrivendo la Divina Commedia.
O gloriose stelle, o lume pregno / di gran virtù, dal quale io riconosco / tutto, qual che si sia, il mio ingegno, / con voi nasceva e s’ascondeva vosco / quelli ch’e’ padre d’ogni mortal vita /quand’io senti’ di prima l’aere tosco (Paradiso, canto XXII). Un rapporto strettissimo quello del Sommo Poeta con gli astri, con il mondo celeste che sovrasta, accompagna e completa la «selva oscura» in cui l’uomo trascorre i suoi giorni terreni. Rapporto su cui Dante gioca anche per nascondere e svelare le sue origini, fin dalla data di nascita. Analizzando i versi della Commedia e mettendoli in parallelo con i movimenti astronomici della sua epoca, partendo dai 15.701 mesi lunari trascorsi dalla data simbolica della nascita di Cristo sino ad arrivare al plenilunio del 31 maggio 1265 e a quello successivo, del 29 giugno, conteggiando attraverso i versi le apparizioni di Giove, del Sole, in Gemelli, gli studiosi avrebbero individuato nel 13 giugno del 1265 il giorno esatto della nascita dell’Alighieri. La sua ora d’origine. Beh, del resto Luna e Sole sono le lancette di un perfetto e prezioso orologio cosmico. Ecco perché la Commedia non è un’opera che si può comprendere se la si legge a testa bassa, con gli occhi fissi sulla pagina. Ma bisogna guardare in alto. Dante incastonò nelle tre cantiche gemme che sollecitano ancora oggi ammirazione e incredulità. Un desiderio, quello di riferire tutto alle stelle, confermato dal richiamo agli astri che chiude l’ultimo verso di ciascuna delle tre cantiche del suo microcosmo poetico. «E quindi uscimmo a riveder le stelle» dopo la discesa agli inferi. «Puro e disposto a salire a le stelle», dopo aver espiato simbolicamente ogni peccato in purgatorio. «L’amor che move il sole e l’altre stelle» nella definizione del Principio assoluto, Dio, che chiude il Paradiso. Non ricordo sintesi più raffinata e delicata nella storia della letteratura.
Stelle, perle e gemme che furono e sono fonte di ispirazione per poeti e pittori, per scultori e registi, da Jorge Luis Borges ad Amedeo Modigliani, da Raffaello Sanzio a Franco Zeffirelli. Molti sono i pittori di tutte le epoche che hanno messo in colore i versi della Commedia. Merito di un testo poetico che ha portato la pittura e la scultura in paradiso, una vera ispirazione divina. Conferma che la Commedia, non è un capolavoro del passato. Anzi, tanto era attuale all’epoca di Dante, quanto ancora oggi leggendo i suoi versi corriamo con il pensiero alla contemporaneità, ai fatti e ai personaggi che ci circondano. Un esempio? «Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande / che per mare e per terra batti l’ali / e per lo ’nferno tuo nome si spande», diceva il Poeta. Ed eccoci anche oggi a Firenze, città sempre così antica e attuale, che accoglie dal 13 al 16 gennaio l’87° Pitti Uomo. Dopo l’edizione dello scorso giugno, e la consacrazione dei 60 anni del Centro di Firenze per la Moda taliana con il suo presidente Stefano Ricci che ha reilluminato il Ponte Vecchio e l’intera città con un mecenatismo d’altri tempi, il salone di questo gennaio è chiamato a dimostrare e confermare che Firenze è ancora «sì grande» come diceva Dante, e che è finalmente uscita dall’inferno in cui (per motivi politici personali) allora il Poeta l’aveva relegata. Perché oggi Firenze è il punto di riferimento della moda maschile nel mondo. Una città che per la sua morfologia e particolarità, come osserva giustamente Claudio Marenzi, presidente di Sistema Moda Italia, in occasione di Pitti «consente agli addetti ai lavori, stranieri in primis, di andare al di là dell’occasione commerciale, e diventa l’occasione per uno scambio artistico, di idee e di saperi».
Idee e saperi del miglior made in Italy che voi lettori vi siete abituati a trovare nelle pagine di Arbiter. Un Arbiter che da questo numero è cresciuto, non ha più le misure ridotte e non vive più come allegato all’esterno di Monsieur, ma è diventato parte integrante del giornale, con lo stesso formato che esalta le immagini e la fruizione dei contenuti. Con una copertina propria, che ricorda graficamente, per logo e impostazione, le bellissime copertine degli anni 30, quando Arbiter nacque. Uno spazio che delimiterà ogni mese i confini dell’eleganza e della pertinenza dell’essere uomo. Secondo noi.
Da “Monsieur” 142 (gennaio 2015)